Il sistema pensionistico italiano si fonda su un “patto tra generazioni”: le pensioni attuali vengono pagate con i contributi dei lavoratori attivi, le cui pensioni saranno poi pagate con i contributi dei giovani che entreranno nel mondo del lavoro.
Ma quanto prenderemo di pensione una volta raggiunta la tanto agognata anzianità pensionabile?
Facendo un esempio, le stime attuali dicono che per un lavoratore dipendente che ha iniziato a lavorare nel 1999 con un reddito attuale di 22.000 €, una prospettiva media di crescita salariale (2%) e che andrà in pensione a circa 67 anni e con 46 anni di contributi effettivi versati (uno scenario che prevede una carriera piuttosto continua, non così scontata all’interno del mercato del lavoro attuale), la pensione sarà pari a circa il 73% dell’ultimo stipendio percepito.
Se questo individuo è invece un lavoratore autonomo, la sua pensione sarà pari a circa il 63% dell’ultimo reddito. Ciò significa che se l’ultimo mese da lavoratore attivo aveva una retribuzione di 1.000 €, il reddito del primo mese da pensionato sarà di 630 €.
N.B. E’ importante specificare che questi dati sono delle stime meramente indicative, perchè l’assegno pensionistico varia in base al reddito medio, agli anni di contributi, e alla categoria di appartenenza.
Ad esempio la pensione di una agente di commercio nato nel 1980 prevede una copertura del 54%, quindi ipotizzando che il suo reddito mensile un mese prima della pensione sia di 1000 €, percepirà una pensione di soli 540 €!
Considerata questa riduzione della prestazione pensionistica pubblica, il legislatore ha predisposto una serie di incentivi a sostegno di forme di pensione private.
L’idea è incentivare tutti i lavoratori a optare per l’adesione alla previdenza complementare così da mantenere un tenore di vita da pensionati simile a quello che avevano durante la vita lavorativa.
La pensione “complementare” si costruisce, quindi, attraverso la sottoscrizione di fondi pensione a cui tutti possono aderire (lavoratori e non).
I fondi pensione sono una specie di salvadanaio in cui confluiscono i contributi versati dai diversi iscritti, contributi che vengono gestiti in modo professionale e nel rispetto di precise regole d’investimento, per consentire poi di erogare le prestazioni in rendita periodica o capitale.

Sul mercato troviamo tre categorie di fondi pensione:
- I fondi negoziali o contrattuali, istituiti dai contratti di lavoro, ai quali possono aderire i lavoratori dipendenti privati e pubblici di quella specifica categoria o comparto o base territoriale ed, eventualmente, i loro familiari; ad esempio i lavoratori privati del settore metalmeccanico al fondo nazionale Cometa (per i chimici, Fonchim), i dipendenti pubblici del comparto scuola al fondo Espero ecc…
- I fondi aperti ai quali possono aderire tutti i lavoratori sia dipendenti, sia autonomi o liberi professionisti e anche coloro che non hanno un lavoro (percettori di redditi diversi o persone a carico come mogli o figli); si può aderire sia individualmente sia in modo collettivo (accordi aziendali, di studi professionali o servizi o tra lavoratori appartenenti ad una determinata categoria, come avviene per i fondi negoziali)
- I PIP (Piani Individuali Pensionistici), gestiti mediante contratti di assicurazione sulla vita; solo ad adesione individuale, acquistabili da chiunque.
Nel prossimo articolo scopriremo quali sono i notevoli vantaggi fiscali che il legislatore ha previsto per chi aderisce alla previdenza integrativa.
Se anche tu vuoi avere una stima della tua rendita pensionistica e vuoi sapere come colmare il gap previdenziale non esitare a scrivermi all’indirizzo marco@bucciconsulenze.it!